ricerca delle trappole 


Il petrolio viene estratto dal sottosuolo dove si è accumulato nel corso del tempo geologico (svariati milioni di anni) nelle trappole petrolifere individuate durante la fase di esplorazione geofisica, principalmente tramite la prospezione sismica. La formazione del petrolio è ancora un processo non del tutto conosciuto. Si ritiene che la sostanza organica inglobata nei sedimenti in opportune condizioni di pressione e temperatura possa distillare le diverse tipologie di idrocarburi (gas, olio, cere, bitumi). Questo processo avviene nelle cosiddette rocce madri. Dopo la sua formazione gli idrocarburi tendono a migrare, sostanzialmente sulla base della diversa densità rispetto ad altri fluidi contenuti nelle rocce, fino ad accumularsi in degli ammassi di rocce porose e permeabili che costituiscono il reservoir. Tuttavia, perché si formi un reservoir è necessario che l'intervallo permeabile sia coperto da rocce impermeabili (tipicamente argille o evaporiti), in maniera tale che gli idrocarburi rimangano intrappolati.

Una volta individuato un potenziale reservoir di idrocarburi si procede alla perforazione di un pozzo esplorativo al centro della trappola, utilizzando appositi impianti di perforazione. Se i risultati della perforazione confermano la presenza di idrocarburi, altri pozzi saranno perforati vicino ai limiti esterni della trappola per stimarne l'estensione (pozzi di appraisal). Combinando i dati ricavati dalla perforazione dei pozzi di delimitazione del giacimento si potranno valutarne potenzialitá (quantitá di barili presenti e quantitá recuperabile) ed eventuale economicitá. I pozzi vengono completati in superficie con una serie di valvole e collegati ad un oleodotto.


estrazione

Sinteticamente un pozzo di petrolio può essere descritto come un lungo foro praticato nel sottosuolo, a diametri decrescenti con la profonditá da circa 80 cm a circa 15 cm, perforato fino a una profondità variabile da poche centinaia di metri fino a 6-8 km, la cui funzione è quella di mettere in diretta comunicazione gli strati in cui sono accumulati gli idrocarburi con la superficie.


Per la sua esecuzione, a seconda che si tratti di Perforazione a mare o Perforazione a terra, si usa un apposito impianto di perforazione montato su una piattaforma o direttamente sul suolo. La parte più evidente è una torre metallica alta 60 metri, solitamente a traliccio, simile alla vista ad una piccola torre Eiffel. Alla base della torre vi è un'area di lavoro, chiamata "piano sonda", dove si trova una tavola rotante [1] con nel suo centro un foro attraverso il quale si discendono gli attrezzi di perforazione. A cavallo del foro si fissa la cosiddetta "asta quadra" (sotto la quale saranno poi avvitate le successive aste di perforazione) che trasforma il movimento rotatorio della tavola di rotazione in movimento assiale. Le aste di perforazione sono a sezione circolare, cave all’interno, e vengono avvitate l'una all'altra man mano che la perforazione scende in profondità.

L’estremità inferiore dell'ultima asta monta lo scalpello di perforazione, costituito o da tre resistentissimi rulli dentati che ruotando frantumano la roccia o da una a matrice compatta munita di inserti in carburo di tungsteno o diamante artificiale che operano sulla roccia un'azione abrasiva. La velocità di perforazione è profondamente influenzata dalla tipologia di rocce incontrate e dalla profondità di lavoro. In generale per perforare un pozzo di 2-3 km sono necessari alcuni mesi. Un fango speciale viene fatto circolare all'interno del pozzo, per raffreddare lo scalpello e per rimuovere i detriti di roccia prodotti (cuttings). Inoltre, il fango ha la funzione di evitare crolli delle pareti del pozzo bilanciando la pressione dei fluidi contenuti nelle rocce perforate e impedire che questi risalgano pericolosamente verso la superficie. Il fango viene pompato all’interno delle aste cave, fluisce in corrispondenza dello scalpello e risale nell’intercapedine (detta annulus) tra le aste e le pareti del pozzo. Una volta tornato in superficie il fango viene setacciato da vagli vibranti (vibrovagli), eventualmente degassato e rimesso in circolazione nel pozzo. I detriti di roccia riportati in superficie vengono esaminati da una squadra di geologi (mud logging) che conferma o smentisce le previsioni sull'intervallo roccioso che si sta perforando.

Completata una fase di perforazione generalmente si procede alla realizzazione di una serie di indagini geoelettriche (logs), calando nel pozzo delle apposite sonde. Una volta completata questa fase il pozzo può essere intubato, calando diverse sezioni di tubi d’acciaio come rivestimento del foro. I tubi di rivestimento vengono cementati alla roccia per evitare fughe di idrocarburi o altri fluidi nell' intercapedine tubaggio - roccia.

Infine il pozzo viene completato internamente installandovi una serie di tubi di piccolo diametro (da 7 a 12 cm) (detti tubing) che che hanno la funzione di condurre all'esterno il petrolio. La bocca del pozzo viene dotata di un sistema di valvole di sicurezza, [2], che permette l’erogazione controllata del petrolio in serbatoi provvisori di stoccaggio o la sua immissione diretta in un oleodotto.

Se la pressione del petrolio non è sufficiente a farlo risalire all'interno dei tubi sino alla superficie, è possibile montare delle apposite pompe sia in superficie che a fondo pozzo.

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